Cosa è successo domenica 11 luglio a Cuba?

Pubblicato il da ricarolricecitocororo - il mio canto libero

Conoscendo la realtà cubana da molti anni, ho trovato interessante questa analisi obiettiva della situazione attuale, dopo il moto di rivolta popolare dell’11 luglio scorso, fatta da Sara Gandolfi su Corriere.it

Cosa è successo domenica 11 luglio a Cuba?
Migliaia di persone sono scese in strada in tutto il Paese, dall’Avana a Santiago, attraverso un tam tam rilanciato dai social network. La massiccia protesta ha ricordato il celebre «maleconazo» del 1994 che spinse Fidel Castro a incontrare i dimostranti e a dialogare con loro. Erano gli anni del “periodo especial”, dopo il crollo dell’URSS e la fine dei generosi aiuti sovietici: Cuba si trovò improvvisamente alla fame.
Oggi come allora, la molla che spinge i cubani a protestare è la durissima crisi economica. Sull’isola, come nei primi anni Novanta, manca il cibo nei piatti, i blackout elettrici durano ore e la gente è spinta ad emigrare negli Stati Uniti, con qualsiasi mezzo. Anche rischiando la vita in mare sulle «balsas», zattere rudimentali. Ma oggi c’è qualcosa in più e di diverso rispetto al 1994. I vertici si sono trincerati nei palazzi del potere. E centinaia di persone sono finite agli arresti.

Qual è stato il motivo scatenante delle proteste?
«Una serie di fattori hanno creato questa situazione molto complessa», ha spiegato all’AP Carlos Alzugaray, analista cubano ed ex diplomatico, comprese le sanzioni economiche degli Stati Uniti contro l’isola, in vigore da più di 60 anni. Cuba ha perso 5,5 miliardi di dollari nel 2020 - quasi il doppio di quello che guadagnerebbe in un anno dal turismo - a causa dell’embargo e delle ulteriori sanzioni decise dall’ex presidente Trump e non revocate da Biden.
La pandemia da Covid-19, che ha bloccato il turismo, una delle principali fonti di reddito per l’isola, ha aggravato ulteriormente le cose. Ma c’è anche una chiara responsabilità del governo cubano che non ha saputo «fare le riforme affinché Cuba abbia un’economia più forte e più sana», aggiunge Alzugaray. E molti cubani, fatto inedito, in strada hanno cominciato a urlare slogan espliciti: «Libertà, abbasso la dittatura, patria y vida».

Quali sono gli errori del governo?
Nel 2020 l’economia si è contratta dell’11%, la cifra peggiore in tre decenni, e all’inizio dell’anno il governo cubano ha proposto un nuovo pacchetto di misure economiche che hanno aumentato i salari e le pensioni, ma anche i prezzi. Le autorità hanno avviato un processo di unificazione monetaria che ha causato un’elevata inflazione e con essa le carenze e l’assenza di un mercato al dettaglio stabile. Data la mancanza di valuta estera, sono stati creati negozi in valuta liberamente convertibile - si può pagare solo con carta di credito - dove si vendono generi alimentari ed elettrodomestici, mentre nei negozi di peso cubano ci sono sempre meno prodotti. Dal mese scorso i dollari in contanti, la valuta principale in cui i cittadini ricevono le rimesse dall’estero (soprattutto dagli esuli di Miami), non sono stati accettati «temporaneamente».

Che fine hanno fatto i Castro?
Fidel Castro
 non c’è più. Il carismatico leader della nazione, capace di unire il popolo e, quando necessario, anche di trovare compromessi impossibili, il guerriero della Sierra che sapeva essere fine politico,è morto nel 2016. Aveva già lasciato lo scettro del comando al fratello, il generalissimo Raúl, che dal 2010 gradualmente aveva introdotto le riforme economiche necessarie per aggirare l’embargo economico e la fine degli aiuti sovietici: cauta liberalizzazione della piccola impresa privata – i cuentapropistas – e porte spalancate a investimenti stranieri e turismo. Nel 2018 ha passato la presidenza del Consiglio di Stato all’erede designato Miguel Diaz-Canel. L’11 aprile scorso ha lasciato a lui anche la carica di primo segretario del Partito comunista di Cuba. Domenica è però riapparso nelle stanze del potere, alla riunione straordinaria del Politburo del PCC. Segno che il potere è preoccupato.

La nuova dirigenza che non fece la Revolución
Miguel Angel Diaz-Canel non era neppure nato quando i Castro rovesciarono la dittatura di Fulgencio Batista nel 1959. È un ingegnere elettronico di 61 anni che nel momento dell’insediamento venne salutato con grandi speranze da alcuni e con grande scetticismo da altri, fuori Cuba: l’uomo nuovo per uno Stato in via di trasformazione o solo un grigio burocrate del regime?
I suoi ultimi interventi pubblici, dopo le proteste di domenica, e i continui riferimenti al «chavismo» e al «fratello presidente Nicolas Maduro» fanno pensare che abbia scelto la via della repressione più dura, alla venezuelana.

La nascita di un nuovo (artistico) dissenso
Nel novembre 2020, un gruppo di artisti si è riunito davanti al Ministero della Cultura per chiedere più spazio alla creazione indipendente.
Sono seguiti arresti, vessazioni, esilii. Ma il Movimento de San Isidro, il gruppo 27N, altri raggruppamenti informali del dissenso o del pensiero critico come gli intellettuali riuniti intorno a La Joven Cuba sono diventati sempre più forti. E hanno cominciato a reclamare anche libertà di pensiero, di espressione, di scelta democratica. Sostenuti anche da artisti più anziani e famosi, dentro e fuori Cuba. Molti dissidenti in questi giorni sono stati arrestati.

L’uso di internet e #SOS Cuba
Il governo cubano ha indicato come «mandanti diretti» delle manifestazioni i social network e il governo degli Stati Uniti — o i gruppi di interesse cubano-americani. I social network come Facebook e Twitter sono stati in effetti fondamentali per le proteste, con un hashtag #SOS Cuba diventato virale. L’uso di Internet è in forte espansione dopo l’apertura del servizio nel 2018. Cuba ha chiuso il 2020 con 6,6 milioni di utenti di telefonia mobile, di cui 4,4 milioni con accesso a Internet, il cui unico provider è una società di Stato. Non a caso, una delle prime mosse domenica è stata quella di «chiudere» la Rete internet su tutta l’isola mentre polizia ed esercito si schieravano sul Malecón, in Plaza de la Revolución, al Campidoglio e in tutti gli altri punti sensibili di Cuba. Colonna sonora della protesta è diventata la canzone Patria y Vida.

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