Tecnologie pastorali

Pubblicato il da ricarolricecitocororo - il mio canto libero

Il pontificato di Francesco ci ha più volte interpellato sulla capacità della nostra azione pastorale (così come della testimonianza personale) di generare processi, prima ancora che occupare degli spazi. Questa sollecitazione ha evidenti molteplici implicazioni; proviamo qui coglierne una in particolare, vale a dire l’importanza di porre attenzione al modo con cui la comunità cristiana si presenta, su come gestisce la comunicazione sia internamente che verso l’esterno. Sappiamo bene come la Chiesa, che non ha mai colto le dimensioni della comunicazione unicamente secondo una logica funzionale e informativa, guardando allo sviluppo dei media, abbia saputo mettersi in ascolto delle trasformazioni in atto. In effetti, nel corso del tempo, la Chiesa ha assunto differenti posizioni nei confronti dei canali, degli strumenti e delle tecnologie della comunicazione; periodi di apertura si sono alternati a radicali chiusure o prese di distanza motivate da diffidenza verso un contesto socioculturale in rapido cambiamento. D’altra parte è sempre stato chiaro il desiderio di conoscere e sfruttare le potenzialità di tutti i media, dal momento che in essi la Chiesa ha sempre visto sia degli alleati per vivere al meglio la propria missione, sia delle occasioni imperdibili per far giungere la Parola “fino agli estremi confini della Terra”. Nel nostro tempo, la Chiesa è chiamata a misurarsi con i media vissuti come ciò che facilita le connessioni tra le persone; in maniera quotidiana, infatti, i media prendono parte al nostro modo di costruire e gestire le relazioni. Potrebbe essere interessante dunque sostare sul modo di comunicare che è intrinsecamente incoraggiato dal tessuto connettivo dei media, posto in relazione alla comunicazione presente nella nostra azione pastorale; muovendoci in questa direzione, condividiamo tre spunti di riflessione. Il primo ha che fare con gli strumenti e i canali della comunicazione. Come già detto, i giornali, la radio, la TV, i diaporama e, più in generale, le pubblicazioni da sempre sono presenti nella vita ecclesiale come sussidio e guida dell’azione pastorale. Con l’avvento del digitale, diverse realtà ecclesiali hanno intuito l’importanza di creare siti e, più recentemente, anche pagine e profili social; sappiamo però che nella Rete “non basta esserci”, ma il mantenimento e l’originalità dei contenuti risultano fondamentali per far sì che la presenza sia significativa. In questo senso il lavoro svolto da WeCa (Associazione Webmaster Cattolici italiani), sempre prezioso per organizzare una presenza efficace nel Web, si è recentemente arricchito di tutorial molto utili per sfruttare le opportunità offerte dai diversi canali. Sono proprio queste nuove potenzialità a suggerire la necessità di dover esplorare nuovi stili comunicativi. Abitualmente il nostro modo di rivolgerci al pubblico è quello informativo, che tende a fare del digitale un semplice amplificatore delle nostre bacheche parrocchiali; non mancano però esperienze interessanti che consentono di esplorare altre possibilità messe a disposizione dalla Rete. È il caso, ad esempio, di A tu per tu con Derio, una rubrica settimanale in cui il vescovo di Pinerolo, mons. Derio Olivero ha presentato i contenuti della lettera pastorale tramite alcuni video caricati su YouTube. Interessante anche il tentativo di Giovanni Scifoni di raccogliere un format per la realizzazione di video (che ha avuto parecchio successo negli USA) e così coinvolgere la sua famiglia nella realizzazione di contenuti distribuiti tramite diversi canali; la novità è quella di presentare con un linguaggio veloce e moderno “il santo del giorno”. Il digitale offre ampi spazi alle narrazioni, da sempre fondamentali per accompagnare l’uomo all’incontro con la Verità. Ancora oggi abbiamo bisogno che questa non ci venga presentata unicamente come contenuti da apprendere ma che, tramite le storie, le emozioni concorrano nel generare interesse verso la Verità. Troppo vi è un diffuso rumore di fondo che abita le nostre comunicazioni e le inonda di una spropositata quantità di dati e informazioni; l’empatia suscitata dalle narrazioni può consentire di farle entrare davvero nel cuore delle nostra vita e delle nostre scelte, evitando farle restare unicamente in superficie. Concludiamo con un’ultima riflessione, raccogliendo le sollecitazioni che il prof. Pier Cesare Rivoltella ha condiviso in occasione della 71° Assemblea generale dei vescovi della Conferenza Episcopale Italiana, tenutasi a Roma nello scorso maggio, in ordine alla possibilità dei media digitali e sociali di funzionare come tecnologie di comunità (Rivoltella, 2017). Viene quasi spontaneo pensare che le tecnologie siano, cioè, dei dispositivi attraverso i quali le persone tendono a isolarsi rischiando di dissolvere i legami sociali. Invece, parlare di tecnologie di comunità significa fare riferimento alla capacità della tecnologia di (ri)costruire la comunità. Si tratta di superare sia la logica più classica della pastorale, vale a dire quella più trasmissiva. Quella che potremmo chiamare la pastorale 3.0 è quella che meglio riesce a interpretare il senso dei media digitali e sociali come media capaci, grazie alla loro pervasività e fluidità, di esplodere fuori dei propri confini, ed essere così generativi di relazioni. La comunicazione generativa è la comunicazione che meglio si adatta a una Chiesa “in uscita” che fa della vocazione missionaria il proprio specifico.

Marco Rondonotti

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