Reale e Virtuale

Pubblicato il da ricarolricecitocororo - il mio canto libero

Siamo abituati a pensare alla realtà e al mondo virtuale come a termini contrapposti, l’uno, la realtà, dotata di concretezza, riempita di avvenimenti osservabili e di cui è possibile fare esperienza, l’altro, il mondo virtuale, il regno dei sogni, dell’immaginario, del possibile che forse non si realizzerà mai. Nell’ambiente digitale, l’ambiente del computer e delle reti, invece, non è così: reale e virtuale sono strettamente intrecciati fino a diventare indistinguibili. Sono tanti i motivi, per effetto di trasformazioni che si sono accumulate nel tempo. Prima di tutto la rappresentazione digitale delle informazioni, che ha reso immateriali i dati acquisiti dall’osservazione della realtà e li ha legati a regole di codifica senza le quali le sequenze di bit sarebbero incomprensibili. Poi gli algoritmi, procedure astratte di calcolo e di elaborazione, che trasformati in programmi eseguiti dal computer permettono ad un’unica macchina di apparire come tante macchine specializzate, ognuna dedicata ad eseguire un singolo algoritmo. Il computer è costitutivamente uno strumento di virtualità, ed oggi le tecniche della grafica e della robotica enfatizzano la possibilità di riprodurre la natura non come essa è, ma come vorremmo che fosse. La virtualità del computer, la virtualità del digitale e degli algoritmi, è una virtualità operativa, che produce effetti concreti. Nelle reti alla virtualità del digitale si aggiunge quella che deriva dalla comunicazione: la rete è l’ambiente per l’incontro delle persone connesse, che sono contemporaneamente vicine e lontane, a contatto nelle relazioni ma separate dallo schermo del computer e dalla distanza fisica. Le persone entrano a far parte dell’ambiente di rete e, con la loro vita reale, rendono l’ambiente virtuale della rete un tutt’uno con la concretezza delle relazioni umane. La realtà digitale è però una realtà artificiale, che produce effetti sia sulla personalità e sui comportamenti individuali, che sulla cultura collettiva: cambia la percezione del tempo, la prossimità e la qualità delle relazioni, il modo di conoscere la realtà, di conservare I ricordi, di comprendere quello che accade. Oggi l’ambiente digitale costituisce l’ambiente di lavoro, di svago, di vita di gran parte delle persone per gran parte della giornata. Il tempo della rete è l’istantaneità, che influenza la capacità di attenzione e il modo di pensare. Il computer riduce il tempo lavorativo e “regala” tempo libero, che sempre più frequentemente viene poi trascorso connessi in rete. Le capacità umane si modificano, adattandosi alla permanenza continuata nell’ambiente digitale (Marc Prensky) e si ampliano attraverso l’interazione con le tecnologie. Si tratta di una forma di potenziamento che estende le attitudini dell’uomo a ricordare, conoscere (cercando e confrontando informazioni), organizzare, pianificare e prendere decisioni o gestire la complessità. Tali attitudini, tipicamente umane, sono sempre di più esercitate mediante il concorso complementare dell’azione dell’uomo e dell’attività del computer. Si afferma, così, nel tempo una cultura che potremmo chiamare “del virtuale”, intendendo con questo termine quegli aspetti tipici dell’uso del computer che sono diventati abituali nella mentalità corrente e che producono alcune convinzioni in maniera sempre più diffusa: - l’informazione diventa più importante della materia; - la conoscenza è frutto dell’intelligenza razionale; - la natura (il dato reale) viene risolto nella cultura tecnologica, in grado di modificare la realtà; - la responsabilità delle azioni diventa inafferrabile, “cablata” nei circuiti elettronici e negli algoritmi, parcellizzata tra progettisti, programmatori, industria di produzione, utilizzatori; - virtuale assume il significato di “digitale”, “connesso”. Gli effetti sulla personalità e sui comportamenti sono studiati da psicologi e neuropsichiatri, non solo per affrontare gli aspetti patologici, ma anche per comprendere come il digitale stia modificando la psiche umana. Ma occorre anche riflettere sui comportamenti sociali, prodotti dalla cultura tecnologica. In particolare sugli aspetti etici implicati da strumenti tecnologici sofisticati che permettono di modificare a proprio piacimento la realtà, piegandola al proprio immaginario. Un immaginario talvolta positivo, quando corrisponde al sogno di superare i limiti fisici causati dalle malattie o dalla scarsità di risorse per migliorare il benessere di intere popolazioni, tal’altra preoccupante, quando i limiti che si vogliono superare sono quelli della sacralità della vita umana o quelli di una economia senza lavoro e senza umanità. La trasformazione della virtualità in realtà non è però mai neutro, ma ambiguo, e giustifica la domanda se non sia opportuno, in molti casi, astenersi dall’usare, sempre e comunque, le tecnologie disponibili. Tornano in primo piano le domande che Romano Guardini pone nell’introduzione alla raccolta di saggi “Ansia per l’uomo”: come garantire che le linee di sviluppo della scienza e della tecnologia corrano parallele a quelle della felicità umana? Come governare e coordinare il progresso tecnico e quello umano? L’opera dell’uomo potrebbe diventare autonoma e minacciare il futuro della persona umana? Domande a cui Guardini risponde con la consapevolezza che “nonostante tutte le automazioni, l’essenziale, cioè l’ordinamento dell’esistenza, deve essere attuato dall’uomo stesso.

Andrea Tomasi

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