Un grande progetto per vincere la droga

Pubblicato il da Ricarol

Mario Picchi, grande figura nel mondo delle comunità terapeutiche, venuto a mancare nel 2010, ha lasciato un grande progetto per combattere il terribile flagello delle dipendenze.
Le sue idee sono riassunte e raccolte nel “Progetto Uomo” che è diventata la “Magna carta” delle comunità del Ce.I.S. (Centro Italiano di Solidarietà).
Questo centro sviluppa una attività che riguarda da una parte l’aspetto concreto dell’accoglienza e del recupero delle persone con problemi di dipendenza e dall’altra la sensibilizzazione rivolta alle istituzioni della politica, della scuola, della sanità, della magistratura e dei mass media.
Don Picchi ha creduto fermamente nell’importanza della esperienza terapeutica nella comunità per uscire da ogni tipo di dipendenza. Al programma del Ce.I.S. aderiscono migliaia di giovani e altrettante famiglie. Questo programma del Progetto Uomo è seguito in circa 40 città italiane, da numerosi gruppi in Spagna, in America Latina e altri paesi.
I principi e i valori del programma terapeutico – educativo sono gli autentici punti di riferimento, questi sottolineano, secondo Picchi, che la struttura, il metodo, la tecnica non devono mai prevalere sul vero protagonista della vita, che è l’Uomo.
Quindi in questo progetto si vuole porre la persona umana al centro della storia come valorizzazione della propria identità.
L’impegno di queste comunità è proprio quello di riconoscere il valore di tutti gli uomini soprattutto dei più fragili e vittime di situazioni che non riescono più a gestire.
Un progetto attento all’evoluzione delle problematiche che oggi è concentrato sulle varie dipendenze che si manifestano nelle forme più variegate.
L’esperienza di Progetto Uomo, accanto a migliaia di persone spente, sfiduciate, timorose di vivere assai più che di morire e a famiglie distrutte, annichilite dalla sofferenza, ha dimostrato proprio, a detta del fondatore Mario Picchi, che nessuno è irrecuperabile, che si può ricostruire a partire dalle energie positive che permangono in qualsiasi essere umano.
È una esperienza che anch’io ho condiviso collaborando con questo progetto in una comunità accoglienza per malati di AIDS. Il contatto con una umanità spesso a brandelli, con situazioni inimmaginabili, mi ha fatto molto riflettere e comprendere come bisogna cominciare da noi stessi per vincere ogni dipendenza, trasmettendo valori, comunicando, aprendoci, dando e chiedendo fiducia, evitando di sopprimere le ansie e le paure consumando alcolici, farmaci e altro. Il mostro non è la polvere bianca, ma la nostra incapacità di vivere serenamente, di credere nell’uomo e di operare per la sua libertà e dignità.

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