Un quattordicenne piacentino si toglie la vita

Pubblicato il da ricarolricecitocororo - il mio canto libero

E’ accaduto nel pomeriggio dell’11 aprile, giorno di Pasquetta. Un ragazzino di appena 14 anni è caduto dal viadotto, nel territorio di San Rocco al Porto vicino a Piacenza. Tutto quello che trapela è solo la sua giovane età e il luogo dell’incidente. Secondo quanto si apprende, il giovane si sarebbe buttato all’altezza dell’area golenale dopo l’Isolotto Maggi e l’impatto con il suolo non gli ha lasciato scampo. Ecco la notizia: accaduta proprio in un giorno che dovrebbe essere di serenità e di speranza. Dinanzi a questo fatto si rimane attoniti e senza parole. Un giovane, con la vita davanti, perché arriva a questo gesto?

"Rimaniamo a bocca aperta - afferma Salvatore Bucolo (pedagogista-cognitivista / teologo-catecheta / bioeticista-sessuologo) sul sito scomunicando.it - quando il problema lo abbiamo ben chiaro e manifesto sotto gli occhi ogni giorno. Sono troppi i suicidi degli adolescenti che avvengono con una facilità disarmante e ciò che lascia sgomenti è l’età sempre più bassa e le apparenti futili motivazioni, come se la vita fosse attaccata a un filo. Spesso sono problemi legati alla scuola, alle litigate e alle incomprensioni con i genitori o alle delusioni d’amore. Sono ragazzi - dice il pedagogista - che vivono un malessere troppo radicato, che si portano un peso enorme dentro, che non hanno più la forza di combattere e di aggrapparsi alla vita anche quando fa schifo. Il suicidio non arriva mai dal nulla, in qualche modo, per via diretta o per via indiretta, viene comunicato... È un dibattito che non andrebbe mai interrotto - prosegue Bucolo - perché gli adolescenti che tentano di uccidersi o che riescono nel loro intento, sono veramente tanti e in netta crescita. Il suicidio, è la seconda causa di morte in adolescenza, ma non si vuole vedere. Si ha paura di parlarne, si ha timore di guardare in faccia la realtà perché un suicidio è sempre un fallimento educativo, un fallimento della scuola, un fallimento della società che non è in grado di aiutare le famiglie e i ragazzi. Si ha paura di affrontare la condizione in cui vivono questi ragazzi alla deriva emotiva, nelle scuole non si fa nessun tipo di prevenzione in merito, i media non dedicano spazio, in famiglia non se ne parla perché il sol pensiero terrorizza qualsiasi genitore o insegnante.

Non si riesce a pensare o potenzialmente a immaginare che il figlio possa avere un problema e pensare di togliersi quella vita che loro gli hanno dato... Eppure non è così, ci sono centinaia di adolescenti - sottolinea lo psicologo - che tentano di farla di finita, che vivono in una condizione di profonda solitudine, di depressione, che sono completamente svuotati. Troppo fragili, troppo labili e particolarmente a rischio. Essere a rischio significa che qualora arrivi l’evento che diventa la goccia che fa traboccare il vaso, che destabilizza quello pseudo equilibrio che ci si è faticosamente creati, si decide di mollare tutto e di farla finita... C’è comunque una vulnerabilità consolidata e una fragilità emotiva importante. È anche vero che fare il genitore - rimarca Bucolo - oggi è ancora più difficile e complesso... Secondo l’Istat, sono stati 594 in un anno i casi di suicidio tra i giovani, ma le cifre diffuse sembra siano inferiori a quelle reali, come ha fatto notare anche Papa Francesco rivolgendosi agli studenti dell’Università Roma Tre, in cui ha legato questo dramma alla “liquidità” della nostra società, che toglie lavoro e speranza ai giovani".

Un'analisi impietosa che pone forte interrogativi.

 

Con tag Pedagogia, Società

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