Ignacio Larrañaga: Nostro fratello di Assisi
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Il testo "Nostro fratello di Assisi - Storia di un'esperienza di Dio" di Ignacio Larrañaga tratteggia in maniera splendida l'interiorità di Francesco d'Assisi, il Santo che ha ispirato il pontificato di Jorge Bergoglio.
L'autore
IGNACIO LARRAÑAGA, nato in Spagna, ha trascorso quasi tutta la sua vita di sacerdote francescano in America Latina.
Molte sono le sue opere legate alla spiritualità francescana.
Con un linguaggio originale e coinvolgente riesce a trasmettere al lettore, con facilità, contenuti profondi.
Negli anni più recenti si è dedicato ad una nuova forma di azione apostolica, volta al «risveglio» spirituale delle comunità religiose e dei gruppi ecclesiali, che ha suscitato vasta eco.
Si è specializzato, con questo intento, ad organizzare incontri di esperienza di Dio e Scuole di Preghiera
I suoi libri, scritti in maniera chiara senza leziosità, immediatamente accessibili a tutti, hanno riscosso grande interesse anche al di là del mondo di lingua spagnola.
Significato
Il libro vuole essere come una guida per scoprire la vita interiore di Francesco.
L'autore parte da alcuni interrogativi per meglio sintonizzarsi sul pensiero di Francesco d'Assisi.
Domande che si possono così riassumere:
Come avvicinarci al "segreto" di Francesco?
Potremo mai raggiungere quella sua vita profonda, dalla quale sgorga un modello di esistenza e l'impulso ad un movimento spirituale sempre vigoroso?
Partendo da queste riflessioni, il libro è come una guida alla scoperta della biografia interiore di Francesco.
Le pagine si leggono in maniera agile perché la vicenda di Francesco è raccontata, con finezza psicologica, in modo che ben si configura al nostro tempo.
La figura di Francesco corre il rischio sempre di essere un po' strumentalizzata da chi si fa paladino di lotte contro il potere o per l'ecologia.
L'autore qui invece cerca di cogliere profondamente l'ispirazione religiosa della figura del Santo di Assisi.
Questo volto e la "vita profonda" vengono qui riproposti, come se fossero un invito a ripercorrere il cammino segreto di Francesco
La notte della libertà
Riporto una pagina del testo per cogliere la dinamicità dello scritto.
Si tratta proprio del momento della parte per la guerra e la scelta interiore di libertà di Francesco.
"Francesco si congedò dai suoi genitori:
Quella mattina la piccola città, con il suo nervoso andare e venire, sembrava un alveare in effervescenza.
Abbracci, baci, lacrime, addii.
In mezzo alla commozione generale e lo sventolio dei fazzoletti, la piccola e brillante spedizione militare si mosse uscendo dal portone orientale, in direzione di Foligno, per prendere poi la via Flaminia che li avrebbe condotti, passando per Roma, fino al sud.
Verso sera la spedizione arrivò a Spoleto, città che chiude l’incomparabile valle spoletana.
Stava scritto però che a Spoleto tutto finiva e a Spoleto tutto iniziava.
Francesco si pose a dormire tra il corredo di cavaliere:
giubbone imbottito, calzamaglia, elmo, spada, lancia, scudo blasonato e un’ampia tunica.
Tutto questo splendore era a sua volta rivestito della luce dorata dei suoi sogni di grandezza.
Tutti i cronisti dicono che in quella notte Francesco ascoltò, in sogno, una voce che gli chiedeva:
— Francesco, dove vai?
— Nelle Puglie a combattere per il papa.
— Dimmi: chi ti può ricompensare meglio, il padrone o il servo?
— Naturalmente il padrone.
— Allora perché segui il servo e non il padrone?
— Che debbo fare, Signore?
— Ritorna a casa e capirai tutto.
La mattina seguente Francesco se ne tornò a casa.
Francesco ebbe in quella notte quello che la Bibbia chiama «visita di Dio».
Io credo che in quella notte Francesco non ascoltò voci, né ebbe sogni, né visioni ma che, per la prima volta, passò attraverso un’"esperienza infusa di Dio".
E ciò che nella vita spirituale si chiama «gratuità infusa straordinaria» che ha caratteristiche tutte particolari.
Di certo provò quelle impressioni che i biografi ci trasmisero: cioè sogno, dialogo tra Francesco e il Signore.
E anche probabile che Francesco stesso, più tardi, parlando con qualche amico dell’esperienza di quella notte, lo chiamasse sogno o si esprimesse con allegorie.
Lo si vede costantemente nella storia delle anime: quando un’anima ha avuto una
esperienza fortissima si sente incapace di esporre il suo contenuto con parole.
Allora, per potersi esprimere, usa allegorie.
Che cosa successe in quella notte?
Per ragioni che si possono dedurre e che spiegherò più avanti, la presenza divina si impossessò improvvisamente di Francesco in forma imprevista, sproporzionata, invadente e vivissima (sono queste le caratteristiche di un’esperienza infusa).
L’uomo si sente come una spiaggia inondata da un’alta marea irresistibile e rimane muto, annientato, assolutamente estasiato, con una chiarissima coscienza della sua identità; però, allo stesso tempo, come se fosse figlio dell’immensità, oltrepassando e allo stesso tempo possedendo tutto: tempo e spazio.
Tutto questo «in Dio» come se l’uomo provasse nell’infinitesimo grado in che cosa consiste «essere Dio» (partecipazione di Dio?), simile, anche se in tono minore, a quella che sarà la vita eterna.
Francesco arrivò all’evidenza viva e chiarissima (ciò che non potevano dargli né i sogni né le parole) che Dio (conosciuto e assaporato) è ogni bene, supremo bene, tutto il bene, l’unico che valga la pena e davanti al quale i titoli nobiliari e i signori della terra non sono che fumo.
Perché insisto nell’affermare che deve essere successo pressappoco questo in quella notte?
Perché non ci sono altre spiegazioni di quell’avvenimento.
Comprenderemo meglio se ci mettiamo nel contesto personale di Francesco.
Egli andava verso le Puglie come crociato per difendere il papa.
Si era congedato il giorno prima dai genitori e da Assisi.
In questa spedizione militare Francesco era impegnato con la gioventù di Assisi, con i giovani nobili compagni d’arme, con il conte Gentile, suo comandante, con i suoi genitori che vedevano dipendere da questa spedizione la realizzazione dei loro sogni di grandezza, con il suo onore, con la sua parola di cavaliere, con il suo nome...
Un semplice sogno non può districare una così complessa catena di legami.
Se Francesco decise di ritornare a casa, il giorno dopo, buttando all’aria tutti quegli impegni, vuoi dire che in quella notte deve essere successo qualcosa di molto grave.
Francesco dimostrò sempre nella sua vita di essere un uomo di una grande tenacia quando iniziava qualche impresa importante.
Non basta un semplice sogno per spiegare questa rivoluzione notturna.
Solo una liberatrice e molto forte esperienza di Dio può spiegare quella straordinaria decisione per un nuovo cammino.
In quella notte saltarono in aria tutti i legami.
Francesco si sentiva libero.
Non esisteva più nulla che gli importasse, se non il suo Signore solo.
Il futuro immediato si prospettava ora pieno di problemi e di interrogativi.
Che spiegazione dare al conte Gentile?
Che cosa avrebbero detto i suoi compagni d’armi, ieri compagnoni di feste e che fra poche ore avrebbero continuato il viaggio verso il sud? Avrebbero parlato certamente di diserzione, di pazzia, forse. Ormai potevano dire ciò che volevano: tanto, a Francesco, non importava più nulla.
Domani sarebbe ritornato ad Assisi.
Che cosa avrebbero detto la gente, i giovani?
Che cosa avrebbe detto il violento Pietro di Bernardone, la stessa madonna Pica, gli amici, le autorità ecclesiastiche?
Quale spiegazione dare?
Non poteva dare spiegazioni, nessuno avrebbe capito.
I più benigni avrebbero detto che Francesco aveva perso la testa; i più maliziosi avrebbero pensato a una diserzione o forse a frivolità.
La parola più terribile per un cavaliere era «diserzione».
Questa parola gliela avrebbero rinfacciata, a lui così sensibile all’onore.
Sopportare tutto questo, che appena ieri sarebbe apparso impossibile, oggi già non gli importava più.
Si sentiva ormai completamente libero.
Lasciava a questo punto una strada sicura e lusinghiera. Qui si buttava in un altro cammino incerto, pieno di enigmi e di insicurezze e lo faceva senza nessuno.
Si sentiva però disposto a tutto pur di seguire il suo Signore, che ora, sì, conosceva personalmente.
La mattina seguente si congedò — è difficile dire con quali parole — dai suoi compagni di spedizione e iniziò il suo ritorno ad Assisi.
Un’esperienza infusa, anche se normalmente dura pochi minuti, lascia l’interessato sensiblizzato per molto tempo, spesso addirittura per tutta la vita.
Rifacendo la strada da Spoleto ad Assisi, Francesco doveva sentirsi impregnato da quella presenza.
Quando mise piede nelle prime strade di Assisi iniziò anche l’incredulità della gente; incredulità che poi si trasformò in meraviglia, e quindi in un mormorio generale dove si mescolavano ironia e burla fino al sarcasmo.
A Francesco, ancora sotto l’effetto della «visita», non interessavano le chiacchiere e quindi poté presentarsi assolutamente sereno in città.
Era nata la libertà."
Si tratta proprio del racconto d una scelta libera di Francesco.
Seguire l'ideale religioso significa girare le spalle alle convenzioni sociali.
Francesco vuole dimostrare, attraverso la scelta, al suo ceto, alla sua famiglia ai suoi amici che esiste qualcosa di grande per cui spendere la vita.
Il testo si legge piacevolmente ed è molto interessante ed avvincente, a mio avviso, addentrarsi nell'interiorità di Francesco.