I quarantanove racconti - E. Hemingway
Hemingway sa esprimersi molto bene, oltre che nei suoi romanzi, anche in questi racconti: testi molto brevi, di matrice giornalistica.
I QUARANTANOVE RACCONTI sono scritti che ho trovato molto interessanti, nati in tempi diversi, ripercorrono la sua vita.
Vi è nel testo una estrema eterogeneità di argomenti e di stili.
Il contenuto della raccolta è infatti una sintesi dei temi cari allo scrittore americano:
la guerra;
il rapporto con la natura, la Spagna e le corride;
l'Africa e il mondo dello sport (boxe e ippica).
Si raccontano i conflitti tra i vari personaggi e la società indifferente, i loro dolori e sentimenti.
La narrazione procede con lo stile tanto caro a Hemingway, essenziale, senza fronzoli, "secco come una fucilata" ...
"I quarantanove racconti" per me rimangono dunque un'opera con molte contraddizioni:
una raccolta con punte di straordinaria capacità narrativa e invece altre zone di appiattimento.
Credo perciò che uno dei compiti di chiunque si ritrovi a leggere questa corposa raccolta sia in primo luogo quella di fare una selezione, anche se questo potrebbe sembrare doloroso.
Un interessante racconto è "Nevi del Kilimangiaro"
che ricorda anche il film datato, ma molto bello con Gregory Peck e Ava Gardner.
"Il Kilimangiaro è un monte coperto di neve alto 5890 metri e si dice che sia la più alta montagna africana. La vetta occidentale è detta "Masai Ngàje Ngài", Casa di Dio..."
E' la storia di uno scettico cacciatore che per una banale imprudenza si ritrova la gamba in cancrena. Con sé ha l'ennesima donna, ricca, compagna di bevute e forse di sperpero della vita.
Lui sa che sta per morire, gli aiuti ormai sono inutili. Lei lo rincuora
" Non si muore se non ci si arrende".
Ma lui sembra accettare la fine di una vita della quale non è riuscito a trovare la bellezza, il conforto, la magia.
"Così era finita, pensò. Ora non avrebbe mai più potuto andare in fondo."
"Intanto i ricordi lo assediano, pensa all'Africa, il posto dove era stato più felice ai bei tempi, e dove proprio ora sta per morire. Uccelli pesanti lo osservano in attesa."
Aveva sperato, con questa sua nuova compagna, di riuscire a
"togliersi il grasso dall'anima"
di sentire rinascere la voglia di lavorare, di scrivere.
Incolpa la ricca compagna, bevitrice come lui,
"amorosa becchina e distruttrice"
di avergli ucciso il talento ma poi quando sente la morte avvicinarsi comprende di essere stato egli stesso
"a distruggere il proprio talento, per non essersene servito, per aver di continuo tradito se stesso e quello in cui credeva, per aver bevuto tanto da smussare la sua capacità di sentire, per pigrizia, indolenza, snobismo, orgoglio e pregiudizi, genio e sregolatezza, delitto e castigo."
Ci sono altri 48 racconti come:
"La fine di qualcosa",
"Gatto sotto la pioggia"
"Colline come elefanti bianchi"
"Il giocatore, la monaca, la radio"
e così via, ma tutti pregni di quell'amarezza di cui ho parlato prima, di scetticismo, di disperazione, di rinuncia.
Piccoli autentici capolavori nati a volte soltanto per una sollecitazione occasionale, altre volte per una lunga e sofferta meditazione.
Uno stile che esprime questo male di vivere che ha accompagnato la sua esistenza, nonostante le vicende e gli avvenimenti impetuosi e imprevedibili che l'hanno caratterizzata.
Una vita piena di avventura, di entusiasmi, ma anche di dolori, di tristezza e da ultimo la malattia. Infatti la sua vita avrà un triste epilogo: depresso per il suo declino fisico il 2 luglio 1961 cerca nel suicidio la morte tante volte corteggiata e descritta nei suoi libri, si toglierà la vita con un colpo di fucile.
Hemingway, nonostante questo tragico destino, è un autore di notevole qualità; ci ha lasciato dei grandi capolavori che sempre mi trasmettono emozioni e sensazioni uniche e particolari.
Lo definisco un grande della letteratura del 900, un personaggio affascinante, ci ha regalato pagine profondamente ispirate al suo stile di vita; i suoi testi sono pervasi da uno sprezzo del pericolo, caratteristica della sua esistenza avventurosa, ma anche dalla perplessità davanti al nulla che la morte reca con sé...