Dio è morto - Francesco Guccini

Pubblicato il da ricarolricecitocororo - il mio canto libero

Ho visto 
La gente della mia età andare via 
Lungo le strade che non portano mai a niente
Cercare il sogno che conduce alla pazzia 
Nella ricerca di qualcosa che non trovano 
Nel mondo che hanno già, dentro alle notti che dal vino son bagnate 
Lungo le strade da pastiglie trasformate
Dentro le nuvole di fumo del mondo fatto di città
Essere contro ad ingoiare la nostra stanca civiltà 
E un dio che è morto
Ai bordi delle strade, dio è morto
Nelle auto prese a rate, dio è morto
Nei miti dell'estate, dio è morto
Mi han detto 
Che questa mia generazione ormai non crede 
In ciò che spesso han mascherato con la fede 
Nei miti eterni della patria o dell'eroe 
Perchè è venuto ormai il momento di negare 
Tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura
...

"Dio è morto" è un brano scritto da Francesco Guccini nel 1965 e portata al successo dai Nomadi che la pubblicarono nel 1967 nell'album "Per quando noi non ci saremo" oltre a proporla al Cantagiro. "Dio è morto" è la prima canzone depositata alla Siae a nome di Francesco Guccini che, nel frattempo, aveva superato i due esami come autore di testi e come musicista non trascrittore. Infatti, il cantautore modenese, scrisse sia il testo che la musica anche se non ha mai inciso in studio questa canzone in tutta la sua lunga carriera ma è stata inserita in diversi dischi nelle solo versioni live che Guccini ha interpretato durante i suoi concerti. "Dio è morto", nonostante questo, è ancora oggi tra i grandi classici della discografia di Guccini pur restando un cavallo di battaglia anche dei Nomadi che ebbero il merito di lanciarla sul mercato discografico. Il titolo del brano riprende un celebre aforisma di Friedrich Nietzsche, ma da dichiarazioni dello stesso autore, la canzone prende spunto dal poema "Urlo" di Allen Ginsberg, almeno per quello che riguarda l'incipit. Nella versione dei Nomadi, il brano subì delle piccole modifiche ad opera del tastiersita dello storico gruppo, Beppe Carletti mentre l'originale venne proposta una sola volta da Caterina Caselli che la pubblicò a pochi mesi di distanza nell'album "Diamoci del tu". La canzone ebbe anche problemi di censura: venne ritenuta blasfema dalla Raima, nel contempo, venne proposta da "Radio Vaticana" e pare che anche il Papa Paolo VI apprezzasse questo brano, il quale non presenta alcun elemento antireligioso bensì richiama a sani principi morali. Gli stessi Nomadi, all'epoca, si recarono in Vaticano con l'intenzione di regalare una copia del disco al Santo Padre. Tra le tante cover registrate negli anni sono da segnalare quelle di Luciano Ligabue nell'album "Tributo ad Augusto" del 1995 in omaggio ad Augusto Daolio, prima storica voce dei Nomadi, quella di Ornella Vanoni del 2001 nell'album "Un panino una birra e poi...", quella rock della band "L'invasione degli Omini Verdi" del 2003 per il disco "Non è un gioco" e quella di Fiorella Mannoia in "Canzoni nel tempo" del 2007. Un pezzo storico, quindi, della discografia italiana che, ancora oggi, dopo tanti anni rimane ancora tra le performance più attese nei concerti sia dei Nomadi sia in quelli dell'autore Francesco Guccini (marcoliberti.it).  

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