Gian Enrico Rusconi: SE CESSIAMO DI ESSERE UNA NAZIONE
La riflessione del testo vuole aiutare a ricominciare a pensare se e come possiamo rimanere una nazione, e se e come dobbiamo diventare una nazione di cittadini.
L'autore
Gian Enrico Rusconi è professore emerito di Scienza politica presso l’Università di Torino, fellow del Wissenschaftskolleg di Berlino e nel 1997 ha vinto la Goethe-Medaille, assegnata dai Goethe-Institute tedeschi agli studiosi stranieri che hanno contribuito all’arricchimento dei rapporti tra la cultura tedesca e l’estero.
Tra le sue opere ricordiamo:
La crisi di Weimar (Einaudi, 1977); L’eredità di Weimar (Donzelli, 1999);
e tra i titoli più recenti: Germania Italia Europa (Einaudi, 2003), Non abusare di Dio. Per un’etica laica (Rizzoli, 2007), L’azzardo del 1915. Come l’Italia decide la sua guerra (il Mulino, 2009), Berlino. La reinvenzione della Germania (Laterza, 2009), Cavour e Bismarck. Due leader fra liberalismo e cesarismo (il Mulino, 2011), Cosa resta dell’Occidente (Laterza, 2012);
ha curato inoltre Estraniazione strisciante tra Italia e Germania? (il Mulino, 2008).
Con Feltrinelli ha pubblicato Marlene e Leni. Seduzione, cinema e politica (2013)
Il testo
Nel volume l'autore propone una serie di valide considerazioni sui concetti di nazione, etnia, cittadinanza.
Questo libro vuole sottolineare il senso di essere nazione soprattutto oggi che all’inerzia del senso di appartenenza nazionale si sovrappongono ipotesi di autonomia regionale.
Una nazione può cessare d’esserlo, infatti non è una struttura statuale fissa e indistruttibile.
Rusconi dice che quando la politica produce inefficienza e corruzione, si intaccano i vincoli stessi che tengono insieme uno stato.
Nell’introduzione così esplicita questo concetto:
“Una nazione democratica è fatta ad un tempo di radici etno-culturali e di buone ragioni politiche di convivenza. Ma le radici si possono seccare o strappare e le ragioni si possono smarrire e falsificare. Tanto più in un paese come il nostro, dove la democrazia è maturata faticosamente dopo aver tentato altrettanto faticosamente di diventare una nazione”.
Anche gli storici e gli scrittori però d’altro canto non riescono a fornire ai cittadini argomenti convincenti perché si sentano nazione in modo significativo oggi.
C’è bisogno di qualcosa di più oltre alle considerazioni tradizionali che si rivelano deboli e pregiudicate da esperienze che si sono superate.
Gian Enrico Rusconi riflette sui concetti di nazione, etnia, cittadinanza, che il mutato scenario internazionale ha riportato alla ribalta in un ancora non chiaro miscuglio di vecchio e di nuovo.
La Resistenza italiana e la lunga "guerra civile" che dal 1914 al 1945 ha ridisegnato i confini d'Europa e che, dopo il 1989, ha nuovamente cambiato il volto del continente, sono i due periodi storici che l'autore rivisita: alla ricerca, da un lato, delle radici della legittimazione della Repubblica e, dall'altro, del significato delle identità nazionali nel processo di integrazione europea.
Impressioni
Il libro, che è a mio avviso un buon strumento che riporta all’oggi la riflessione, non intende riesumare la nazione in sé, ma ripensarla alla luce dei diritti di una cittadinanza matura.
Invita a ritrovare anche nelle rivendicazioni regionali, motivi per far rivivere una democrazia che sta boccheggiando.
Le considerazioni di questo libro partono dall’assunto che una democrazia per funzionare ha bisogno di lealismo e solidarismo civico, però senza la ricostruzione di una memoria comune, ad un tempo critica e solidale, in Italia non si creerà alcun senso civico di appartenenza.
Il testo vuole portare, a mio parere, alla soluzione del problema ripensando ad una nazione democratica, sicura delle proprie radici e ragioni storiche senza demonizzare forme di autogoverno regionale.
Per l’autore infatti:
"Non c’è affatto incompatibilità tra autonomie regionali e un forte senso di appartenenza nazionale:
entrambe sono segni di una cittadinanza matura".
Quello che preme all'autore è sottolineare il nesso tra democrazia e nazione.
Solo un paese consapevole della propria identità nazionale è in grado di articolare nei valori universalistici della cittadinanza le proprie differenze regionali o le richieste di nuovi soggetti provenieneti dall'esterno.
Ho trovato interessante come il testo parli di un'Europa che non deve negare le singole identità nazionali.
Solo in questo modo il progetto di unificazione politica può dare dei vantaggi.