Un dollaro al giorno - Giovanni Porzio

Pubblicato il da ricarolricecitocororo - il mio canto libero

Siamo di fronte ad un testo che vuole farci aprire gli occhi sulla realtà mondiale:
A tutt'oggi, un miliardo di esseri umani vive con un dollaro al giorno. 
Più di 3 miliardi con meno di 2,5 dollari. 
Un miliardo di persone non sa né leggere né scrivere. 
Questi i dati sconcertanti che hanno indotto Giovanni Porzio a scrivere "Un dollaro al giorno" ed Tropea.
Si tratta di un racconto, come si legge nell'introduzione, in presa diretta, la cronaca di un viaggio al termine della notte lungo l'Asia, l'Africa, il Medio Oriente e l'America Latina. Obiettivo, concentrare almeno una volta i riflettori su quella parte di umanità che i mezzi di informazione e la superficie delle coscienze del Primo mondo eludono: i bambini di Gaza senza sogni, i drogati che dormono nei contrafforti di pietra del fiume Kabul, le schiave del sesso di Dharamganj. 
Per Porzio le sue pagine vogliono:
"Testimoniare che cosa significhi lo sviluppo ineguale del pianeta per tante vite dimenticate. 
Ma soprattutto, aiutare a comprendere i meccanismi che producono i drammi del presente, l'aumento dei costi energetici e dei prezzi dei generi alimentari, la crisi finanziaria internazionale e lo sviluppo squilibrato dell'economia globalizzata. 
Perché intelligenza e solidarietà possono e devono ancora prevalere, provocando un cambio di rotta radicale in un futuro improntato a una condivisione più equa dei beni primari come acqua, cibo ed energia."

Impressioni
 

Si tratta, a mio avviso, di un titolo provocante, di una riflessione estremamente forte dove emerge un mondo con squilibri sempre più elevati.
Tratta di uomini, donne e bambini che vivono ai margini, tra povertà inenarrabili, odio, violenza e degrado.
Le problematiche che emergono dal testo, oltre che le guerre, le violenze, la soppressione dei diritti, sono anche la globalizzazione e i cambiamenti climatici...
Le pagine di Porzio consentono poi di viaggiare nella realtà di paesi distanti da noi e tra di loro, ma accomunati da un tragico destino: la povertà, la fatica di vivere con un dollaro al giorno-
Significativo è la lettura di alcuni passi come, ad esempio, scoprire la "fame verde" in Etiopia, in un paese rigoglioso e fertile dove si succedono continue carestie:
“La brezza è cessata. 
I falchi e gli avvoltoi girano bassi sopra le case e sui marciapiedi le donne che abbrustoliscono le pannocchie scrutano ansiose le nuvole scosse dai lampi. 
La pioggia cade all’improvviso, scrosciando sui tetti di lamiera e in pochi istanti la strada è invasa da un fiume di fango color ocra.(…) -Acqua sprecata: non serve a niente- (…) è arrivata al momento sbagliato e non ci sono cisterne per raccoglierla” (p.73)
Un altro paese il Pakistan fa emergere altre questioni di rilevanza come quella del riciclaggio di sostanze tossiche: 
“nei cortili, nei capannoni, nei cassonetti, in strada sono accatastati enormi quantitativi di prodotti elettronici di scarto: computer, stampanti, monitor, videoregistratori, televisori, telefoni cellulari. 
Siamo nel cuore di una delle più grandi e inquinate discariche digitali del pianeta.
Il cimitero dove si accumula l’e-waste, la spazzatura high-tech delle società avanzate del Terzo Millennio” (p.96)
Continuando questa riflessione voglio mettere in evidenza un'altro reportage-testimonianza di Ettore Mo, una grande penna del giornalismo, del 1 aprile 2012 sul Correre della Sera, dove parla della Nigeria colpita da una terribile carestia, dove una grave forma di malnutrizione colpisce milioni di piccoli nel Paese africano ricco di miniere.
Toccanti le sue parole quando descrive il Creni (Centro Recupero Nutrizionale) di Aguié, un villaggio della Provincia orientale di Maradi, dove nel reparto di terapia intensiva vengono ricoverati bambini e bambine affetti da Kwashiorkor («bambino rosso» nella lingua locale) una malattia che aggredisce l'infanzia sofferente per la grave carenza di vitamine e apporto proteico.
“Per dare un'idea dell'oscura realtà, il Creni, un po' come l'Inferno di Dante, è diviso in gironi che qui si chiamano Zone: i casi più gravi sono confinanti in Zona Uno come lo scheletrino di un neonato che respira appena, vegliato dalla madre, il volto irrigidito nel dolore; mentre in Zona Due c'è Mustafa, 6 anni, vittima di una feroce diarrea che lo ha lasciato come inebetito nella sua tutina color inchiostro. 
Ma qui l'atmosfera è meno truce (Purgatorio?) perché in un angolo ci sono tante mamme che preparano le pappe per i loro bambini, farina zuccherata di miglio e di arachidi destinata ad una bimba di 8 mesi che peserebbe soltanto un paio di chili; in Zona Tre, infine, c'è la chiassosa masnada dei fuori-pericolo e non è di poca consolazione il parere del capo-medico del Centro quando annuncia che l'87% dei suoi piccoli indifesi pazienti «se la caverà».”

Sono, nel complesso, parole che vanno al centro del problema con grande determinazione e colpiscono come un pugno nello stomaco.
Va però riconosciuto a Giovanni Porzio uno stile impeccabile, agile e veloce che non cede ad emozioni edulcorate o ad esasperazioni macabre.
Siamo di fronte a considerazioni che ci presentano, come delle drammatiche istantanee, la realtà drammatica del nostro mondo.

 

 

 

Con tag Libri

Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti:
Commenta il post