Se la coppia “scoppia” al tempo del coronavirus

Pubblicato il da ricarolricecitocororo - il mio canto libero

 

In Cina dopo l’emergenza crescono i divorzi. Che dinamiche scattano nelle famiglie costrette in casa?

Adesso è il tempo di recuperare, dentro le comunicazioni di coppia, quella bellissima domanda, che troppo spesso abbiamo dimenticato: «Come stai? Come stai vivendo questo tempo? Come hai vissuto questa giornata?»”. A parlare è Chiara Griffini, psicologa e psicoterapeuta familiare, che rilancia un suo recente studio in cui si evidenziano notizie e dati dalla Cina circa gli effetti secondari del Covid 19, ora che si sta tornando lentamente alla normalità. Uno di questi è l’impennata della violenza domestica e dei divorzi.

— Dott.ssa Griffini, come si spiega tutto questo?

Il dato che viene dalla realtà cinese si può applicare anche più in generale. Un aspetto, che possiamo leggere in modo positivo, rispetto al tema della violenza, è lo squarcio che si è creato nel velo di omertà rispetto a questi fenomeni ancora troppo sommersi e nascosti. Per quanto riguarda il tema delle separazioni e dei divorzi, la convivenza forzata di questo tempo mette ancora di più sotto scacco equilibri e situazioni che già erano fragili o precari. Spesso l’equilibrio di coppia, costruito su una dimensione puramente organizzativa di tempi e di spazi, che ha probabilmente garantito la sopravvivenza anche alle relazioni più fragili, oggi viene messo a dura prova in una convivenza forzata. Il rischio è che ciascuno si chiuda in se stesso evidenziando fatiche e difficoltà.

La donna, che aveva un suo punto forte nella capacità di conciliare casa e lavoro, adesso si ritrova completamente dentro le mura domestiche, a doversi occupare dei figli e a lottare per avere un suo tempo e un suo spazio. L’equilibrio che si era costruita ne risente enormemente perché deve accudire tutti. — Il coronavirus sta mettendo in luce la crisi della coppia che già era in atto nel nostro tempo?

La coppia è fondata su un incontro tra due storie. Il loro rapporto deve essere qualcosa da coltivare e da ricercare in continuazione. Tutto ciò veniva un po’ inconsapevolmente allontanato attraverso la garanzia di uno spazio individuale, non condiviso, di lui e di lei.

È chiaro che adesso le differenze, una volta

tenute sotto controllo, sono elevate in modo esponenziale dalla convivenza. L’ordinario quotidiano delle famiglie è ora proprio quello di dividersi i tempi del computer tra chi lavora da casa e i figli che hanno la didattica online.

Ciò chiaramente diventa motivo di fatica per armonizzare le diverse esigenze di vita. Qui va in crisi non solo chi è in un equilibrio precario di coppia, ma anche chi aveva una stabilità e aveva trovato nella dimensione sociale un momento in cui ritagliarsi uno spazio di coppia separato da tutto quello che è il ménage quotidiano familiare.

— Che cosa si potrebbe imparare, da questo periodo, in positivo a livello di coppia?

Il positivo è saper utilizzare bene questa disponibilità di tempo che le coppie hanno per imparare a comunicare meglio e gestire il tempo nel ritmo ordinario.

Avere il tempo di fermarsi a guardarsi negli occhi, a interrompere le cose che si stanno facendo per dare attenzione all’altro. Saper ascoltare, non lasciare nulla al non detto anche riguardo a ciò che le notizie suscitano, anche alle tensioni che si vivono all’interno della famiglia. Utilizzare il tempo per costruire dei significati condivisi in modo che sia chiara per tutti la lettura della realtà, di quello che accade dentro e fuori casa. Penso che un punto di partenza significativo sia passare da una comunicazione incentrata sui racconti fattuali ad una comunicazione maggiormente incentrata sul vissuto. — Quali dinamiche psicologiche sono amplificate ora nel rapporto di coppia?

Bisogna cogliere la differenza tra emozione e affetto. L’emotività segue il principio del piacere: ricerca emozioni positive ed evita quelle negative, come la sofferenza.

Questa ricerca del piacere la possiamo ritrovare nella fatica a rinunciare a feste o cene, organizzandole in ca- sa, o a partite di calcetto tra amici, o nelle fughe stesse da Nord a Sud. L’affetto invece già nell’etimologia “affectus” (da “afficio” nella sua forma passiva) significa “sono colpito, sono mosso” da qualcun altro.

L’affetto è prima di tutto l’incontro con l’altro, ha una direzione ed esprime un legame. L’affetto è guidato da un’etica che può spingere anche a rinunciare al piacere

immediato per il bene, il buono, il giusto. Nell’esperienza affettiva, si può anche soffrire per il bene dell’altro (esperienza del sacrificio di sé, del perdono dei torti subiti…).

Il coronavirus ci costringe ad osservare i nostri comportamenti e le nostre relazioni e chiederci se viviamo una vita affettiva nel senso proprio del termine o una vita affettiva emotiva.

Alla fine dell’emergenza, ritornare ad abbracciarsi, a stringere la mano, ci auguriamo sia espressione non di un corpo che esibisce qualcosa e che cerca soddisfazione per compensare la privazione subita, ma di un corpo che ricerca e apprezza il valore dell’incontro con l’altro e la sua differenza, e che ha sperimentato che può farne a meno solo per proteggere se stesso e l’altro, e che torna ad esprimersi gestualmente proprio per continuare a proteggersi e proteggere.

Riccardo Tonna

La psicologa e psicoterapeuta di coppia Chiara Griffini.

Referente in diocesi per il settore “Tutela dei minori”, fa parte della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata dal riminese don OresteBenzi.

Da "Il Nuovo Giornale" giovedì 2 aprile 2020

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