Enzo Jannacci: La fotografia

Pubblicato il da ricarolricecitocororo - il mio canto libero

La fotografia una canzjannacci.jpgone da riascoltare che rimane, nel suo impatto emotivo, un testo di forte vibrazione.

Una canzone che riprende un fatto di cronaca nera legato alla mafia.
Un bambino di tredici anni per protagonista freddato con un colpo di pistola, in Sicilia, perché sospettato di aver assistito "a qualcosa che non doveva vedere". 
Questo testo si inserisce negli episodi di cronaca della fine degli anni 80’, però sempre attuali, 
con storie di piccoli e di adolescenti che partecipavano in prima persona alle vicende delle cosche: 
baby spacciatori a soli quattordici anni, giovanissimi corrieri, ragazzini in età da scuola dell'obbligo abituati a partecipare a sparatorie nonché a vicende di contrabbando e di ricettazione. 
Jannacci a Sanremo nel 1991 ha cercato di portare un messaggio: 
"Sono una persona anziana, ormai - aveva commentato Jannacci, che in realtà nel 1991 non aveva che cinquantasei anni - e vado a cantare su un palcoscenico abbastanza grosso dove mi sentiranno anche i giovani.  Perciò tutti si aspettano che dica qualcosa di importante". Infatti è riuscito a trasmettere veramente un pensiero significativo di grande riflessione, un testo che ha trasmesso molte emozioni.

Oggi nei vari anniversari delle stragi di mafia, la fotografia è una poesia da brivido,da ascoltare. Composta interamente dal cantautore, con un forte impianto narrativo, sarebbe da portare anche nelle aule scolastiche. Due sono i personaggi presenti nel testo: un padre che racconta del suo ragazzo ucciso e dall’altro il maresciallo dei carabinieri intervenuto sul luogo. Un piccolo film in quattro minuti, come lo stesso Jannacci ha definito questo testo. Il padre guarda lo scenario dell’avvenimento e fissa: “quel segno del gesso di quel

corpo che han portato via ”sperando che la pioggia che sta scendendo non lo cancelli. Il maresciallo che dice “non c’è più niente da vedere” e vuole allontanare la gente. Il padre risponde indirettamente dicendo che mostrando quel dramma può invece essere l’occasione per spiegare, far capire: “perché la gente sai magari fa anche finta/ però le cose e meglio fargliele sapere…”  Questo giovane ucciso perché sapeva, perché aveva visto viveva un paese: “dove i fiori han paura e il sole si è avvelenato…”. Il padre non mette in disparte anche le sue responsabilità: “era il mio di figlio e forse è tutta colpa mia/ perché come in certi malgoverni/ se in famiglia il padre ruba anche il figlio a un certo punto vola via...” Il padre che commosso guarda fisso la fotografia: “io son quello col vino,/ lui è quello senza motorino…”. Un immagine intima che si ripete nel testo dove “ tutto il resto” appare sporco, squallido assurdo… Il dialogo col maresciallo che invita la gente ad andare via è toccante e forte: “credo che ti sbagli perché un morto di soli tredici anni/ è proprio da vedere perché la gente sai magari fa anche finta/ però le cose e meglio fargliele sapere.” E ancora il grande Jannacci ritorna col suo commovente ritornello: “guarda la fotografia/ sembra neanche un ragazzino/ io son quello col vino /lui è quello senza motorino ..."

 
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